Chi conosce anche solo superficialmente l’oro, sa che, nonostante la sue enorme diffusione e presenza nelle case di un gran numero di persone, difficilmente lo si può trovare “in purezza”. L’oro, infatti, è un metallo molto malleabile che, per poter essere reso stabile, ha necessariamente bisogno di essere legato ad altri elementi. Ecco, allora, che accanto al lavoro di estrazione, che serve per ricavare il metallo nobile per definizione, il processo di lavorazione dell’oro assume un’importanza fondamentale.
Tante e diverse sono le tecniche di lavorazione dell’oro. Le più antiche, risalenti alle popolazioni che per prime sfruttarono questo materiale, sono la cosiddetta “stozzatura” e la “tiratura a martello”. Entrambe prevedono una lavorazione fisica di grossi pezzi di oro, dai quali vengono ricavate, usando i tradizionali strumenti di martello e incudine, delle lamine più o meno sottili. Si tratta della lavorazione più rudimentale, che deve essere eseguita con particolare attenzione per non rischiare di rompere le lamine.
Anche la “presa nella massa” è una tecnica antica che, però, ancora oggi viene utilizzata: si tratta di un procedimento nel quale da un blocco di oro iniziale si ricava un oggetto inizialmente grossolano poi, via via, più preciso, attraverso un paziente lavoro di martello e incudine.
Una prima fondamentale evoluzione la si ebbe con la popolazione micenea che, nel XXIX – XX secolo a.C. iniziarono a utilizzare o processi di fusione e saldatura. Il primo serve a dare una forma precisa all’oro, facendo colare il metallo con le tecnica della fusione a cera persa. Questa tecnica può anche essere utilizzata per la creazione di oggetti più grossi e sostanziosi dai quali ricavare, successivamente, lamine e fili d’oro.
La lavorazione dell’oro si lega anche alla destinazione principale che, da sempre, ha questo metallo: ovvero una funzione ornamentale espressa soprattutto attraverso i gioielli. In questo senso decisivo fu l’apporto degli Egizi: furono loro i primi a legare l’oro al concetto di divinità. Passaggio analogo avvenne, dall’altra parte del Globo, grazie au Maya e gli Incas, dando fin dall’antichità dimostrazione dell’universale diffusione di questo prezioso metallo.
La tradizione che potremmo già definire di “gioielleria” proseguì con Sumeri ed Etruschi ed ebbe uno sviluppo incredibile durante il Medioevo, quando si affermò una vera e propria arte del gioiello.
È proprio con il diffondersi delle professioni legate a questo settore che, di conseguenza, crescono e si affinano anche le tecniche di lavorazione dell’oro. Inizialmente i metodi utilizzati furono mutuati da quelli per la creazione di oggetti d’uso comune, in special modo la battitura. Attraverso questa si iniziarono a creare delle scanalature sulle lamine utilizzate. Quindi, affinando la tecnica, comparvero le prime decorazioni in rilievo che, con il passare dei decenni, si fecero sempre più particolareggiate e rifinite, fino a conferire degli effetti pittorici di grande effetto. L’apice della lavorazione a sbalzo lo si raggiunse nell’Europa del XVI e XVII secolo, con la produzione di oggetti di uso religioso davvero notevoli.
Entrando più nello specifico, orafi e incisori possono adottare le tecniche di incisione e cesellatura. Quest’ultima procedura prevede l’uso di un utensile con la punta smussata che, colpendo la superficie d’oro spinta dai piccoli colpi di martello, scolpisce la superficie. L’incisione, invece, prevede l’utilizzo di un piccolo strumento da taglio che agisce sulla superficie dorata asportando delle strisce sottili di metallo e creando in questo modo il disegno desiderato.
Importante, nella lavorazione dell’oro, è anche il colore: questo dipende sostanzialmente dal metallo a cui l’oro, come detto in precedenza, si lega per essere lavorato. Anticamente, anzi, questa era l’unica possibile variabile, con l’argento e il rame usati nella stragrande maggioranza dei casi. Oggi le nuove tecniche hanno permesso una ulteriore evoluzione, che porta ad avere oro anche di colori originali come violetto o blu.
Al discorso del colore si lega la tecnica di lavorazione dell’opacizzazione che, scurendo o rendendo opache determinate parti della superficie dorata, crea degli effetti decorativi molto particolari, che spiccano al contrasto con le parti di oro rimaste lucide.
Sottili lamine di oro possono essere utilizzate anche per ricoprire metalli di altra natura: è questa la tecnica della doratura, capace di ottenere effetti particolarmente piacevoli. Sulla stessa falsariga funziona il procedimento dell’intarsio, chiamato anche “damascatura” dalla città di Damasco che, nel periodo del Medioevo, sviluppò notevolmente tale procedimento.