Quando si decide di vendere il proprio oro vecchio ci si può rivolgere a un banco metalli oppure a un compro oro: si tratta di due tipologie di attività commerciali che operano nel settore dei metalli preziosi usati, tuttavia presentano caratteristiche diverse l’uno dall’altro. Proprio per questo motivo possono offrire alla clientela servizi molto differenti e puntare a target non così simili tra loro. Ciò vale anche con le recenti modifiche normative che hanno inserito requisiti più stringenti nel settore dei compro oro e che hanno determinato una vera e propria rivoluzione tra gli operatori. Infatti, grazie ai cambiamenti introdotti a luglio 2017, gli esercenti compro oro hanno l’obbligo di dotarsi della licenza di pubblica sicurezza, mentre in passato era necessaria soltanto una semplice licenza per il commercio di oggetti preziosi. Di conseguenza i titolari devono essere muniti di un registro apposito per garantire la legalità delle operazioni effettuate in funzione anti-riciclaggio e anti-ricettazione. Al tempo stesso occorre iscriversi presso il Registro degli Operatori Compro Oro, in modo da poter censire e identificare le realtà commerciali presenti su tutto il territorio nazionale.
In secondo luogo viene ribadito l’obbligo di identificare il privato che vende l’oro usato in base a quanto previsto dalle norme indicate all’interno del Decreto Anti-riciclaggio. Sempre in funzione anti-ricettazione e anti-ricilaggio la cessione di preziosi e oggetti di valore può essere effettuata in contanti solo se il valore dei beni non supera i 500 euro: infatti è stata abbassata la soglia limite per migliorare la tracciabilità delle operazioni. Se l’entità delle operazioni supera questa cifra, gli importi devono essere corrisposti solo in maniera elettronica (bancomat oppure carta di credito) o bonifici bancari e postale. Tutti i beni venduti devono essere fotografati e descritti usando una scheda numerata progressiva e la documentazione va conservata per 10 anni ed esibita in caso di controlli da parte delle autorità giudiziarie competenti.
Si nota quindi che un compro oro è molto diverso dall’altra tipologia commerciale perché quest’ultima deve assumere per legge la denominazione societaria ed essere iscritta nell’elenco degli Operatori Professionali in Oro tenuto dalla Banca d’Italia. Quest’ente può rilasciare la certificazione a seguito di un’esplicita richiesta da parte del titolare e solo dopo aver controllato con attenzione il rispetto degli standard previsti dalla legislazione del settore. Ad esempio il capitale sociale minimo è di 120.000 euro, i soci e il personale devono poter soddisfare alti requisiti di onorabilità e la voce riguardante il commercio in oro è presente nell’oggetto sociale. Proprio per questo motivo gli esercizi devono soddisfare requisiti molto più stringenti e garantire un elevato livello di professionalità. Una differenza fondamentale risulta essere il fatto che un compro oro può trattare soltanto metalli preziosi usati, mentre un Operatore Professionale in Oro può produrre e vendere oro da investimento, cioè monete e lingotti con un grado di purezza minimo rispettivamente del 90% e del 99,9%. Infatti l’oro vecchio è una lega perché gli oggetti e i gioielli in metallo 24 carati sono troppo duttili e morbidi per non subire danni a causa dell’utilizzo quotidiano: di conseguenza occorre aggiungere materiali leganti per rendere gli esemplari più resistenti.
Proprio per questo motivo i compro oro che non fanno parte di un grande brand oppure di una catena di franchising devono affidarsi a un Operatore Professionale in Oro per fondere e affinare il materiale acquistato. Si tratta di una differenza sostanziale tra le due tipologie di esercizi commerciali in quanto gli operatori professionali possono garantire un ciclo di produzione continuo, fondendo da soli l’oro usato acquistato e usandolo per creare lingotti da investimento da rivendere a banche, investitori privati, gioiellerie, orafi e laboratori di alta moda. Di conseguenza annoverano tra la clientela piccoli e medi compro oro e gioiellerie e orafi che devono smaltire l’invenduto.